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Terza edizione del premio dedicato a Pasquale Campanello, il procuratore capo Cantelmo: “gli indifferenti aiutano la camorra”. FOTO

«La persona a cui è intestato questo premio è una persona che ha dato la vita per lo Stato. Una persona che non si è arresa, non ha abbassato gli occhi, non ha chinato la testa, non ha piegato la schiena. Probabilmente avrà avuto una serie di minacce prima che fosse ucciso che lo hanno preoccupato avendo una famiglia. Ma non si è arreso, ha tenuto fede a quel giuramento con lo Stato. Queste storie siano di esempio per tutti». A parlare è il Procuratore Capo della Repubblica di Avellino, dottor Rosario Cantelmo, intervenuto ieri sera ad Atripalda, alla terza edizione del premio dedicato a Pasquale Campanello, l’agente di polizia penitenziaria di Mercogliano vittima innocente di camorra.
Appuntamento promosso dai ragazzi del Presidio di Libera ad Atripalda, nato nel luglio 2015 e intitolato proprio alla memoria di Pasquale, che si è svolto ieri sera presso la Chiesa di San Nicola Di Tolentino. Quattro i premiati, da parte della famiglia di Pasquale con altrettante motivazioni: Valerio Taglione, Fondatore del comitato Don Peppe Diana, il sindaco di Calitri Michele Di Maio, l’operaio dell’ex-Isochimica Nicola Abrate e infine la vedova Montanino Luciana Di Mauro.
«Avrei voluto raccontare la storia dei veri eroi dell’anticamorra, che ogni giorno fanno il loro lavoro. Una persona sottoposta ad una violentissima estorsione, aveva perso ogni dignità, costretto a fare delle cose incredibili, l’ha detto in un’aula di udienza, mentendo ai figli fino a quando ha trovato il coraggio di ribellarsi, organizzandosi con gruppi come Libera che sta facendo da tempo per contrapporsi a questo temibile avversario che è la camorra» ha proseguito Cantelmo che si è rivolto ai giovani presenti «la mia generazione ha sbagliato non è riuscita a liberare dalla Camorra, ma ha convissuto, tollerato, sopportato. E’ stata indifferente, forse si è arresa e in alcuni casi è stata connivente. Ecco perché dobbiamo rivolgerci ai giovani, perché i giovani devono scegliere da subito di liberarsi di questa presenza della camorra, come ha fatto e cercato di fare nel suo piccolo, con una grandissima dignità e uno straordinario coraggio la persona che oggi conferiamo il premio».
Ricorda di Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio che combatteva la mafia cercando di togliere i ragazzini dalla strada con un oratorio «perché si era reso conto che i giovani erano la linfa vitale della camorra. Lui cerca di portali dalla parte dello Stato. Alle prime minacce, sulle sue parole dobbiamo tutti meditare. Diceva di non aver paura delle parole dei violenti ma del silenzio delle persone oneste. Aveva paura del nostro silenzio».
Poi i saluti del sindaco Geppino Spagnuolo:«sono orgoglioso di essere il sindaco di una città che ha il presidio di Libera, che è un esempio. La Pubblica Amministrazione deve fare la sua parte, non solo con le azioni, per far crescere uno spirito di comunità che sia da scudo alle cose che combatte Libera. Questi giovani cercano di coinvolgere la comunità che a volte pensa ad altro o è assente su questi temi che stanno cominciando a cresce anche in noi atripaldesi».
Antonio Di Gisi, referente di Libera Atripalda ha spiegato le ragioni del Premio: «Questo lavoro non avrebbe avuto, nel corso del tempo, lo stesso significato, se non fosse stato accompagnato dalla presenza di Antonietta Oliva, moglie di Pasquale, un uomo semplice, che nel suo quotidiano vivere ha incontrato al camorra. Quest’anno il premio è contro la paura, per riaffermare la dignità che ogni maledetto giorno le mafie calpestano. Come faceva Pasquale. Dobbiamo avere il coraggio di portare avanti questo impegno quotidiano».
La vedova Antonietta Oliva spiega le ragioni di un impegno: «Nonostante il dolore, avvertiamo il compito di dover consegnare il testimone che ci ha lasciato Pasquale. Come una staffetta. Lo facciamo perché vogliamo che la lotta per la mafia non si fermi e lo facciamo portando la nostra testimonianza nelle scuole con Libera. Se solo un ragazzo decide di stare dalla parte del bene, il testimone lo abbiamo consegnato e il racconto di quel dolore non è stato vano. Le persone che premiamo stasera hanno una certa dirittura morale. Il messaggio è che  noi tutti dobbiamo continuare a lottare contro le mafie».
Per Emilia Novello referente provinciale di Libera: «il fatto che questa terza edizione del premio ricade a pochi giorni dal suo compleanno è indicativa del fatto che questo premio non vuole solo commemorare ma vuole celebrare quello che Pasquale ha rappresentato per tutti noi. Riflettendo su questa terza edizione del premo ho pensato: un impegno quotidiano che possa ravvivare il ricordo».
Poi la premiazione, con le motivazioni, e le storie di ognuno dei quattro premiati:

– Fondatore e coordinatore del comitato “Don Peppe Diana”  Valerio Taglione: ha portato avanti i valori di speranza e di un concreto impegno civile e morale che tenevano in vita la memoria di Don Peppe. Attenta sentinella per le nove generazioni. «La storia nasce da un grande dolore e tragedia – racconta -. Un fratello che viene ucciso in un territorio che costruiva e generava mostri quotidianamente. Quella morte è stata per alcuni di noi un momento importante per la costruzione di una nuova realtà. Un cammino entusiasmante. Ventitré anni. Per un certo periodo lo Stato non ha voluto fare lo Stato. Oggi invece ci ha inviato i suoi uomini migliori per combattere la camorra».

-Sindaco di Calitri Michele Di Maio: per il suo impegno sulle questioni ambientali con Legambiente per essere stato attento al bene comune e al territorio. Un premio contro la paura per la sua dedizione all’ambiente, contro l’eolico selvaggio e fabbriche nocive risvegliando le coscienze delle persone: «la lotta alla conservazione dell’ambiente dovrebbe riguardare tutti ogni giorno così come ci sarebbe bisogno né di eroi né di istituzioni con scorta». Racconta il suo impegno contro la discarica sul Formicoso.

-Operaio dell’ex-isochimica Nicola Abrate che si è battuto con le innumerevoli denunce per abbattere il muro del silenzio e far valere il diritto al lavoro, alla salute e all’informazione. Un premio conferito contro la paura per tutte le vittime dell’amianto «Questo premio lo dedico a tutti i miei colleghi che non ci sono più».

-Vedova Montanino Luciana Di Mauro, vedovo di Gaetano Montanino guarda giurata uccisa nel 2009 in una sparatoria a Napoli, che ha compiuto il gesto del perdono con uno dei quattro ragazzi che ha ucciso suo marito. «Non si è abbandonata al dolore ma dal dolore ha fatto nascere un fiore per tenere in vita una testimonianza. Un dolore sconvolgente – racconta avevamo vissuto 28 anni insieme. Mai avrei pensato che il cancro della camorra fosse entrato nella nostra famiglia. Sapere che sono stati 4 ragazzi dell’età di mia figlia mi ha fatto sentire responsabile. A loro ho pensato che cosa potessi far per impegnarmi. Uno degli assassini mi ha chiesto di conoscermi. Un anno fa l’ho incontrato in una manifestazione di Libera: lo immaginavo come un mostro ma ho visto un ragazzino che tremava mentre mi avvicinava. Questo mi ha così impressionato che l’ho abbracciato: non ti preoccupare gli ho detto. Lui mi ha promesso di stare al mio fianco. Oggi posso dire che questo grande dolore ne è valsa la pena. Il magistrato mi ha chiesto il percorso di riconciliazione. Sto mettendo da parte il dolore per guardare oltre. Oggi lavora in un bene confiscato e dedicato a miro marito e questa è una soddisfazione per me».

 

 

 

 

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