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“150”, nei versi di Gabriele De Masi gli sbarchi della speranza

immigrazione-sbarchi-Trema la notte, quanto più preme

la tempesta in queste onde di deriva,

batte lo scafo l’increspatura, sale in gola

la paura che i flutti facciano tomba del guscio

dall’Africa alle coste d’Italia; sbarco

di speranza, dove la vita sorride al sole

e profumato, baciato è il pane.

 Strade di mare. Il vento taglia i profili

con spruzzi di salsedine negli occhi

 fissi oltre il canale a intravedere

 luce di salvezza, la costa, l’approdo,

gl’ Italiani che fanno d’accoglienza

dono e di pietà pronti,perché così

 fu lor dato il dono, il tozzo,

il sorso e il mantello a coprire

 le spalle fredde nel cammino,

a saziare fame  e sete  nei santuari

di terra promessa e d’esultanza.

Siamo alla tivù, noi, a casa,

coi termocamini, riscaldati, non più

 migranti (una volta!), in questi giorni

 d’anniversario,nuovi sbarchi al notiziario,

non giubbe rosse,ardite, garibaldine

 ma consunti abiti  disperati.

150 ! e, 150 ancora!  viva l’Italia!

S’intonino i cori, squillino le fanfare, al cielo

 sale, nei borghi lontani, nella capitale,

l’inno agli altari di chi diede la vita alla Patria

 confusa nel sapere di questi dal mare.

Non vogliono marciare,e non vogliamo,

né battaglioni dell’elmo di Scipio, o conquiste

di spada nelle vicine contrade

ma un attracco,ciglio di paglia,

sosta, riposo e un telo a riparo.

Ricca terra d’Europa, in Mediterraneo,

con l’Italia per ponte, tendi le braccia,

presta uno scoglio, sporgi un appiglio

a gente muta, non saluta né grida allo sbarco,

ma china  procede con scorno

 a un perdono, spersa per un segreto  timore

d’ essere messa alla porta. Del mondo.

Gabriele De Masi

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